Dare spazio al non inferno /Giving space to non - hell





Google stamattina mi ricorda che ottantotto anni fa nasceva Calvino. Non è uno di quegli autori che io ami particolarmente, anche se lo rispetto.

Però ci sono poche cose necessarie al nostro tempo come questo passaggio da "Le città invisibili".
(English below)

L’atlante del Gran Kan contiene anche le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora scoperte o fondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la Città del Sole, Oceana, Tamoè Armonia, New-Lanark, Icaria. Chiese a Marco Kublai: - Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi. - Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta nè fissare la data dell'approdo. Alle volte basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s'incontrano nel viavai, per pensare che partendo di li metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d'istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t’ho detto. Già il Gran Kan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World. Dice : - Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente. E Polo: - L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, dargli spazio.
 Italo Calvino, Le città invisibili, 1972

Google reminds me today that  Italo Calvino was born 88 years ago. He's not one of those authors I love best, even if he has my respect.
Despite that, there are few things as necessary to our time as this excerpt from "The invisible cities". 

The Great Kahn was flipping through the charts of his atlas, the charts of the cities that threatened him in nightmares and curses: Enoch, Babylonia, Yahoo, Butua, Brave New World. He says: - All is pointless if the last destination cannot but be the infernal city, and in the end it is towards there that, in a narrower and narrower spiral, the current drags us. - Polo replies:
- Hell, for the living, is not something that will be; if there is one, it is the one that is already here; the hell we live in every day and that we form by being together. There are two ways not to suffer from it. The first one is easy for most people: accept hell and become part of it to the point where you no longer see it. The second is risky and requires attention and continuous learning: to look for and know how to recognize who and what, in the middle of hell, is not hell. Then make it last and give it space.


 
Italo Calvino, The invisible cities, 1972

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